Alla radice delle relazioni commerciali
E’ notizia di questi giorni che l’anno 2003 ha registrato un incremento delle transazioni commerciali via internet di quasi il 70 % rispetto all’anno precedente.
Ciò nonostante resta innegabile che molta diffidenza aleggia ancora intorno al fenomeno dell’e-commerce: le ragioni sono diverse e vanno dalla apprensione che destano i più diffusi sistemi di pagamento telematici alle incertezze, tuttora radicate, circa la “validità” del contratto stipulato on-line.
Trattando di quest’ultimo specifico aspetto, è comprensibile come, da una parte l’assenza di un documento cartaceo (elemento tipico delle transazioni tradizionali) e dall’altra la distanza fra le parti del contratto, partecipino fortemente ad ingenerare scetticismo sulla certezza della transazione informatica la quale parrebbe priva delle consuete garanzie giuridiche.
In realtà, tali preoccupazioni appaiono solo parzialmente fondate nel senso che meglio si specificherà in seguito: di certo, comunque, un ruolo non trascurabile è svolto dalla scarsa conoscenza e dimestichezza con figure e concetti nuovi quali, per esempio, il documento informatico e la firma digitale, invece da tempo recepiti e disciplinati in ambito sia nazionale che internazionale.
La legge italiana, il contratto e la firma digitale
L’ordinamento giuridico italiano, in particolare, ha conosciuto una evoluzione normativa relativamente rapida e progressiva che sin dal 1985, con la legge di ratifica della Convenzione di Vienna, ha provveduto a riconoscere rilevanza giuridica al c.d. documento informatico.
Con la L. n. 59/1997 (Legge Bassanini 1), in particolare, questo processo evolutivo ha conosciuto un notevole incremento stabilendo che “Gli atti, dati e documenti formati dalla pubblica amministrazione e dai privati con strumenti informatici o telematici, i contratti stipulati nelle medesime forme, nonché la loro archiviazione e trasmissione con strumenti informatici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge” (art. 15, comma 2).
Oggi la materia è disciplinata in larga parte dal DPR n. 445 del 28 dicembre 2000, Testo Unico delle disposizione legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, le cui statuizioni contenute nel Capo II in tema di documento informatico e firma digitale sono applicabili anche ai rapporti tra privati per espressa previsione dell’art. 2.
In particolare, ai fini che qui interessano, tale decreto fissa alcuni importantissimi principi.
Definito preliminarmente il documento informatico come la rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti, l’art. 8 del predetto Testo Unico ribadisce anzitutto che esso “…da chiunque formato, la registrazione su supporto informatico e la trasmissione con strumenti telematici, sono validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge, se conformi alle disposizione del presente testo unico”.
Il successivo art. 10, inoltre, statuisce che:
1. al documento informatico si applica la medesima disciplina contenuta nell’art. 2712 del Codice civile, riconoscendogli dunque, in un’eventuale fase processuale, l’efficacia di piena prova dei fatti che rappresenta al pari di una qualsiasi riproduzione meccanica, se colui contro il quale tali rappresentazioni sono prodotte non ne disconosce la conformità ai fatti medesimi.
2. il documento informatico sottoscritto con firma elettronica, soddisfa il requisito legale della forma scritta.
3. Il documento informatico, quando è sottoscritto con firma digitale (tipo particolare di firma elettronica qualificata basata su un sistema di chiavi asimmetriche a coppia) o con un altro tipo di firma elettronica avanzata, e la firma è basata su di un certificato qualificato ed è generata mediante un dispositivo per la creazione di una firma sicura, fa piena prova, fino a querela di falso, della “paternità” delle dichiarazioni di chi l’ha sottoscritto.
Quanto poi ai contratti stipulati con strumenti informatici o per via telematica, che con il documento informatico stanno in rapporto di genere a specie, l’art. 11 del medesimo testo Unico stabilisce che sono anch’essi validi e rilevanti a tutti gli effetti di legge qualora sottoscritti mediante la firma elettronica qualificata, vale a dire attraverso una firma elettronica che, basata su un certificato qualificato e creata mediante un dispositivo sicuro per la creazione della firma, garantisca la connessione univoca al firmatario e la sua altrettanto univoca identificazione.
In prima analisi, dunque, si può concludere affermando che il contratto stipulato on-line tramite firma digitale conosce oggi una disciplina abbastanza dettagliata offrendo quindi sufficienti garanzie agli operatori della rete, sia su un piano sostanziale che processuale.
Un click al posto della firma?
Considerazioni in parte diverse merita invece l’altra e forse più diffusa forma di contrattazione telematica, vale a dire il cosiddetto contratto “point and click” nei confronti del quale, come anticipato, non tutte le incertezze paiono fugate e soprattutto infondate.
Trattasi di quei contratti nei quali la manifestazione di volontà delle parti non è certificata da alcuna firma elettronica e quindi non si trasmette tramite posta elettronica ma viene semplicemente desunta da quel comportamento significativo e concludente che è rappresentato appunto dal click sul tasto negoziale virtuale all’interno del sito di e-commerce.
A tal riguardo giova precisare che l’art. 15 della Legge Bassanini 1 sopra citata riconosce validità e rilevanza giuridica a tutti i documenti informatici formati e/o trasmessi telematicamente senza distinzioni di sorta.
Ciò nondimeno appare indiscutibile che l’assenza di una specifica normativa a riguardo, riservata invece ai soli contratti stipulati tramite firma digitale, ponga le parti contraenti in un ambito di maggiore incertezza soprattutto circa la provenienza della manifestazione di volontà negoziale.
Invero la comunicazione via internet di dati anagrafici e di un numero di carta di credito (spesso richiesti durante la conclusione di un contratto point and click) non costituisce affatto una garanzia che il soggetto contraente sia in realtà proprio chi dichiara di essere e se ciò non costituisce problema durante la fase di normale esecuzione del contratto, come è facile immaginare ben più complesso potrebbe apparire lo scenario nell’ipotesi in cui il contratto versasse in una qualsiasi fase patologica come quella dell’inadempimento o della opposta invalidità dello stesso.