Si è tenuto a maggio a Milano l’ E-commerce Netcomm Forum 2009 durante il quale sono stati presentati gli aggiornamenti dell’ Osservatorio B2c Netcomm – School of Management Politecnico di Milano sull’andamento dell’e-commerce in Italia.
I dati presentati ci forniscono l’occasione di analizzare con elementi oggettivi un settore che come agenzia notavamo in forte fermento e questo anno in una fase di evoluzione strategica, anche a causa della (grazie alla? per colpa della?) crisi che sta investendo l’economia.
Innanzi tutto i dati. Emerge uno scenario strutturalmente in ascesa nonostante la crisi: in base all’andamento dei primi mesi (gennaio-aprile) la previsione dell’osservatorio è di un aumento del 10% del volume ordine nel 2009, anche maggiore per gli e-commerce di prodotti (più avanti vediamo perché può essere importante il confronto con quelli di servizi) in cui si stima un aumento del 13% del fatturato.
Il valore assoluto di vendite all’estero dovrebbe aumentare del 20%. Non stupisce quindi che gli stessi operatori si dichiarino piuttosto ottimisti: l’80% infatti si aspetta aumenti di fatturato nel 2009.
L’e-commerce è maturo
Andando ad analizzare i dati più strutturali, non solo riferiti all’ultimo anno, quello che salta agli occhi è che probabilmente siamo ad un punto di massa critica: l’e-commerce inizia a fare numeri e i potenziali clienti sono evoluti. A dimostrazione del primo punto è sufficiente ricordare che da un volume di 711 mln di euro nel 2002 siamo arrivati a 5914 mln di euro nel 2008 (si veda il grafico di crescita nella relazione dell’osservatorio).
Per quanto riguarda il pubblico il dato più significativo è relativo all’uso dello strumento di pagamento: l’80% utilizza Carta di Credito e Pay Pal, cioè i mezzi più adatti ed evoluti per questo tipo di transazione, in linea con i mercati online esteri più all’avanguardia.
Ma l’idea che siamo ad un punto di svolta è dimostrata anche dall’articolarsi degli operatori attivi con e-commerce. Mentre gli scorsi anni era presente soprattutto l’offerta da parte di attività nate per il web (le dotcom), aumenta considerevolmente la fetta che fa capo ad aziende tradizionali che hanno deciso di sfruttare anche il canale web per le loro vendite, diversificando i canali distributivi.
Aziende di prodotti, multicanalità e crisi. Tre coordinate per capire cosa sarà dopo la crisi
La fase economica che stiamo attraversando diventa un’ulteriore spinta ad un’evoluzione molto rapida:, a prescindere dall’e-commerce, i canali distributivi tradizionali sono scossi, ristrutturati e reinventati a causa della crisi. Le aziende iniziano a considerare l’e-commerce non necessariamente in concorrenza con la distribuzione esistente ma una integrazione e potenziamento del patrimonio già presente. Le strategie di vendita online sono pensate in base alla necessità di collaborare con la distribuzione tradizionale e di incentivarla.
Un altro elemento interessante è che rispetto agli altri paesi in Italia la quota di e-commerce che vende prodotti è minore (confrontata a quella dei servizi). Vi è quindi un terreno di crescita potenziale molto ampio, in un paese in cui la vocazione manifatturiera e artigianale è forte e di qualità.
In questa fase quelle aziende “tradizionali” che riusciranno a prendere posizione potrebbero essere i leader dei mercati online in uno scenario post-crisi in cui operatori, strategie e canali distributivi saranno molto diversi da quelli attuali.
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